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Lo fanno con questo “Atzwang” che sin dal titolo promette una buona dose di suspence e metallo fuso, per la cronaca Atzwang/Campodazzo è una cittadina in prossimità di Bolzano nota alle cronache per efferati episodi di cronaca nera (di cui nella parte centale del curato booklet potrete vedere vari articoli e foto), ma anche luogo del festival metal che da un paio di anni vi si svolge.

Detto questo direi di non perderci in inutili chiacchiere e di addentrarci nella musica; l’album viene introdotto da una breve intro in classico metal style che ci avvia alla title track e qui la band ci conferma ciò che sapevamo! Speed metal granitico e senza frenate, in cui i nuovi componenti della band Richard e Lukas Hupka (padre e figlio!!!) si trovano a proprio agio. Si perchè come avrete letto nelle nostre news e nell’ultima intervista al leader storico della band LGD c’è stato l’ennesimo cambio di formazione all’interno del combo. Cambio che sembra aver indurito ancora di più la musica proposta, come dimostra questo primo brano, che mi rapisce e mi proietta con entusiasmo all’ascolto dei seguenti. Particolari i cori e ottimo l’assolo di LGD, che con gli anni sembra aumentare le proprie capacità.

Con “A Witch With a Mirror” si vira verso l’impatto immediato, quello che per dire nel precedente album aveva “Cry Gaia Cry”, la prestazione del singer Johnny Thunder è impeccabile così come la coesione della band, non c’è nulla fuori posto e anche se il brano rispetto al precedente è più cadenzato, si va alla grande.

A seguire vi è l’apoteosi speed di “Ghosts Through the Ruins”, tirata al massimo si scaglia come una pietra lanciata da una fionda, gli anni passano e a piccoli passi i ragazzi crescono, certo avessero più possibilità di suonare lungo la penisola potrebbero trovare un’affermazione maggiore, ma l’importante è creare sempre buona musica come fanno in questa song marcata dai riff e dalle stilettate chitarristiche delle due asce.

Atmosfere cupe ci introducono “Searching for the Light”, è poi il basso diRudyMental a dare potenza ad un brano si più riflessivo, ma mai “facile”, come al solito le asce guidano i giochi e la batteria di Lukas Hupka pompa che è un piacere.

“House of Death” si apre con una preghiera in latino per sfociare in un massiccio brano di puro speed metal, vero marchio di fabbrica degli Anguish Force ai quali va riconosciuta la coerenza che ne fa una delle band di punta del genere. In alcuni passi (chorus soprattutto) mi ricordano i Sabotage di “Hoka Hey” e scusate se è poco.

Siamo a metà album ma la fame di brani ci attanaglia e l’ascolto prosegue con “The Puppet in the Garret” più tendente a un classico heavy metal che un pò mi ricorda almeno nella parte iniziale un’ improbabile incrocio Manowar/Iron Maiden tutto da ascoltare. Maestosi come al soliti i riff e i solo di chitarra.

Si riparte a razzo con “Hazardous Game” tellurico brano che smuoverà (si spera, visti i tempi) un bel pò di teste sottopalco tanta è l’energia profusa dal quintetto, e nel quale Johnny arriva con la sua ugola su vette quasi impossibili, a dimostrazione di un’avvenuta maturità. Maturità che trovo anche a livello compositivo, del resto questo è il quinto album della band e non poteva essere altrimenti, speriamo solo che il pubblico abbia a dare la risposta che ci si aspetta per un lancio definitivo della band. Sferzate di chitarra accompagnate da una doppia cassa imperiale ci travolgono all’ascolto, posso immaginare in sede live che effetto devastante possa avere.

L’incedere di “Lying Body on the River” è più “rilassato” ma non meno coinvolgente, diciamo che ci si sposta su sonorità più “easy” ma sotto certi aspetti ancor di più coinvolgenti, seguite poi dalla martellante e power oriented “Dragons Through the Rainbow” che sembra uscita da un album tedesco anni ’80, del resto non è che siano molto lontani territorialmente parlando. Episodio piacevole e da sfruttare anche come eventuale singolo per l’alta capacità di coinvolgimento.

Gli Anguish Force ovviamente si muovono in un campo in cui ormai è stato detto tutto ma lo fanno con umiltà e attitudine che invece spesso mancano a molte band presuntuose e poco inclini al contatto pubblico. E questo a mio avviso ne fa già una grande band.

“We Are Togheter (In The Grave)” è una bellissima song metal mid tempo, con chorus perfetti e ritmi incessanti intrisi di sana melodia, chiaramente devota alla scuola teutonica, ma amabilissima e senza dubbio la mia favorita dell’album, perchè nella sua disarmante semplicità riesce a emozionarmi e farmi tornare indietro nel tempo quando scoprivo cosa significava amare l’heavy metal! Comprerei il cd solo per questa song!

Siamo purtroppo arrivati alla fine e con “The Rope Hangs Again” si chiude col botto tornando alla ferocia speed che contraddistingue larga parte di questo “Atzwang”.

Le conclusioni finali non possono che essere positive, gli Anguish Force mettono un altro fondamentale mattone nella costruzione del loro castello di metallo. Oramai possiamo considerarli tra i migliori del panormana italiano.

Klaus Petrovic